ThyssenKrupp.. Morire di lavoro

  • December 21, 2007 12:40 pm

 

TYSSENKRUPP MORTA LA SESTA VITTIMA


dal manifesto


ThyssenKrupp Morto Rosario, la sesta vittima. Funerali per Rocco, il capo-turno.
Un operaio strappa il nastro sulla corona di fiori della multinazionale
e grida: «Avete le mani sporche di sangue». L’azienda si scusa con il
sindaco.


A lottare per la vita resta solo Giuseppe Demasi, 26 anni. Stessa
età di Rosario Rodinò, spirato ieri mattina all’ospedale Villa Scassi
di Genova, sesta vittima del rogo alla ThyssenKrupp di Torino. La
notizia della morte di Rodinò è arrivata a Torino poche ore prima del
funerale di Rocco Marzo, il capoturno deceduto domenica scorsa. La
piccola folla raccoltasi ieri nella chiesa di San Giovanni Maria
Vianney – quartiere Mirafiori – si ritroverà tra qualche giorno per un
altro funerale. Che il cardinale Severino Poletto sperava di non dover
celebrare. L’arcivesco, in gioventù prete operaio, ha ribadito quanto
aveva detto giovedì scorso in cattedrale di fronte alle prime quattro
bare. Il posto di lavoro è «sicuro» solo là dove vengono
scrupolosamente rispettate le norme di sicurezza. I dati e la cronaca –
il cardinale ha ricordato i cinque morti nella sola giornata di martedì
– dimostrano che questo rispetto manca. «Ormai le morti sul lavoro sono
un’emergenza nazionale. Occorre un sussulto di responsabilità del
Paese».
Un sussulto, in questo caso di rabbia, ha spinto Ciro Argentino a un
gesto pubblico di protesta. Ha strappato il nastro con la scritta
ThyssenKrupp sulla corona di fiori inviata dell’azienda. «Avete le mani
sporche di sangue», ha urlato il delegato della Fiom ai dirigenti della
multinazionale presenti al funerale di Rocco Marzo. Tra loro,
l’amministratore delegato Harald Espenhahn e Cosimo Cafueri,
responsabile sicurezza dell’acciaieria torinese. Quest’ultimo,
ascoltato l’altro ieri in Senato dalla Commissione d’inchiesta sugli
infortuni, ha sostenuto che alla ThyssenKrupp il sistema antincendio
«era ed è a posto». Giovanni Pignalosa, pure lui delegato Fiom, dice
che affermazioni di questo genere «offendono la verità ed esasperano
chi ha visto i compagni di lavoro trasformati in torce umane». Ciro
l’esasperazione e la rabbia «l’ha buttata fuori», altri «se la tengono
dentro». Pignolosa ha un consiglio da dare ai dirigenti locali della
Thyssen: «Tacciano. Più parlano, più si danno la zappa sui piedi». La
loro autodifesa cozza con un fatto incontrovertibile: «Dopo il 2005,
decisa la chiusura, l’acciaieria è stata lasciata andare a se stessa».
Manuenzioni al lumicino, formazione antinfortunistica zero. Pignalosa,
entrato alla ThyssenKrupp 12 anni fa, può fare confronti: «Prima non
era così, c’era più attenzione alla sicurezza. Poi è cambiato tutto».
Il suo racconto combacia con quello, disperato, di Giovanni Rodinò,
padre di Rosario. Lui in viale Regina Margherita ha lavorato ben 34
anni, «allora quella fabbrica funzionava come un orologio, adesso era
una bomba a orologeria». E’ stato lui a «convincere» il figlio ad
entrare alla ThyssenKrupp, a seguire «le orme paterne». Accasciato su
una sedia nell’ospedale di Genova dove Rosario è spirato dopo 13 giorni
d’agonia, il padre ripete «colpa mia, colpa mia». Pignalosa vuole
trasmettere un messagio a papà Giovanni: «Non hai nessuna colpa, hai
fatto quel che qualsiasi padre premuroso e assennato avrebbe fatto.
Lavorando nell’acciaieria eri riuscito a tirare su la famiglia. Pensavi
che la storia si sarebbe ripetuta per tuo figlio. La strage ha altri
colpevoli». Una strage «annunciata», dice Giovanni Rodinò, perché la
dismissione aveva fatto passare in cavalleria la sicurezza. Racconta
che Rosario, in pochi anni, aveva subìto due infortuni, il più grave
una scottatura al braccio. Non era contento d’essere stato spostato al
turno di notte. E di notte «me l’hanno ammazzato», prosegue in lacrime
il padre. Rosario non è morto uscendo da una discoteca, «è morto sul
lavoro». Adesso indagare sui dirigenti che non hanno rispettato le
norme «non serve proprio a niente». La faranno franca, teme Giovanni
Rodinò.
Anche dalla chiesa di Mirafiori, come era successo in Duomo, i
dirigenti sono usciti da una porta laterale. Nel pomeriggio una
delegazione della ThyssenKrupp Italia, guidata dal direttore generale
Ralph Labonte, è stata ricevuta da Sergio Chiamparino. Ha consegnato al
sindaco di Torino una lettera di scuse in cui il presidente della
multinazionale, Ekkehard Schultz, riconosce il ritardo dell’azienda nel
dare un «segno forte» di partecipazione al lutto che ha colpito le
famiglie delle vittime e la città. E’ l’atto di contrizione che il
sindaco pretendeva per ristabilire «normali relazioni» con la
ThyssenKrupp. I rappresentanti dell’azienda hanno ribadito l’impegno a
sostenere «ora e in futuro» i familiari della vittime. Hanno dato la
loro disponibilità a sedersi a un tavolo per affrontare il futuro dei
dipendenti dell’acciaieria torinesi. Sono meno di 200 e nessuno degli
operai è disposto a tornare a lavorare «là dentro». L’azienda parla di
«ricollocazione lavorativa». La formula lascia intendendere che non
mira a riaprire per pochi mesi un’acciaieria destinata comunque a
chiudere entro settembre. Sa che gli interventi per metterla in
sicurezza richiederebbero tempo e denaro. Il gioco non vale la candela.
Almeno su questo la pensa come i suoi dipendenti torinesi. Che però
vogliono garanzie sul loro futuro.
Dell’addio a Rocco Marzo, 54 anni, resta una frase, pronunciata da
tutti i giovani operai: «Per noi non era un capo, era un padre». Ce lo
dicono Pignalosa e il delegato della Uilm Vincenzo De Pasquale. Gaspare
Tre Re, in servizio sul carro ponte la notte dell’incendio, aggiunge
che «Rocco non era un capo come gli altri, ci trattava come figli, ci
diceva sempre di fare attenzione». A Tre Re resta negli occhi
un’immagine orribile: «Quella di Giuseppe, avvolto dalla fiamme, che mi
urla di gettargli dell’acqua in faccia perché gli bruciava. Ho preso la
manichetta ma l’acqua usciva da un foro che c’era nel tubo». Giuseppe
Demasi, ricoverato al Cto di Torino, oggi subirà un terzo intervento
chirurgico. Le sue condizioni restano gravissime, ha ustioni sul 95%
del corpo.