Sull’ assemblea Studenti-Lavoratori del 12 dicembre alla Statale

  • December 18, 2008 9:05 pm

Milano, venerdì 12 dicembre 2008.

A conclusione di una mattinata di sciopero generale, durante laquale più cortei avevano attraversato la città, un folto spezzonedecideva di non terminare la giornata in piazza del Duomo e, dopo unrapido passaggio in piazza Fontana (per ricordare il volto assassinodello Stato) e un tentativo di raggiungere Assolombarda (per ricordareil volto assassino dei padroni), si dirigeva verso l’Università Stataledi via Festa del Perdono per dare vita a un’assemblea vòlta a lanciareuna lotta all’altezza del presente.

Studenti universitari e medi, lavoratori, precari, disoccupati,pensionati, scioperanti, individui qualunque e realtà di vario genere eprovenienza, giovani e anziani, belli e brutti, alti e bassi, simuovono, senza alcuna identità di riferimento se non quella diun’incazzatura sociale condivisa e di una determinazione contro lostato attuale delle cose.

Nell’aria e nell’animo di molti vibra la viva percezione che si stiaprofilando un’inedita composizione di forze sensibili all’urgenza delmomento. Un sentimento diffuso è quello di occupare l’aula magna (cosache a Milano non accadeva, nella congiuntura tra studenti e lavoratori,da trent’anni). Letteralmente si apre l’Università alla città,scardinando le porte dell’Aula Magna per un incontro del quale èdifficile sovrastimare il potenziale.

Si stava producendo un evento, un momento di rottura con l’andamento inerziale del presente.

Ma non c’è evento che non produca agenti antievenemenziali che, volendo “gestire” le situazioni, fanno in modo che nulla accada.

Una parte degli studenti della Statale, appoggiati da qualche figuropolitico, decide di rompere con l’assemblea dell’Aula Magna e di andarein un’altra aula, prendendo a pretesto la “forzatura” effettuata nelloscardinare l’entrata, cosa che sarebbe stata fatta, a loro dire, da“persone esterne al movimento”. Disertando l’assemblea e cercando difarla fallire costoro si sono assunti una responsabilità politicachiarissima e gravissima. Non crediamo che, in merito, ci possanoessere molte sfumature.

A costoro diciamo comunque che nelle situazioni di lotta l’unicaesteriorità che conosciamo è quella tra chi partecipa alle lotte e chinon vi partecipa, e che il passaggio che si stava vivendo non era unmomento della lotta degli studenti della Statale. Non riuscire acomprendere questo dato elementare è sintomo di pochezza intellettualeo di una precisa volontà politica “gestionale” – o di entrambe.

Al contempo, rivendichiamo l’apertura della porta, non solonecessaria da un punto di vista pratico, ma anche significativa da unpunto di vista simbolico, come un gesto collettivo condiviso da molti.Certo, non da tutti. Il rettore, ad esempio, non era d’accordo.

Un dato è certo: il movimento studentesco, almeno a Milano, è morto.

Bene, non c’è da dolersene. Né da rallegrarsene. Notoriamente, imovimenti sono fatti per finire. Molti hanno riconosciuto alcuniaspetti positivi in questo movimento (soprattutto la sua capacità dimuoversi differentemente nella città e l’incuranza per le appartenenzedi parrocchia in alcune modalità d’intessere rapporti orizzontali). Inuna città socialmente asmatica, si è respirata inaspettatamente unaventata di aria fresca. Ma ormai una certa inconsistenza universitariacominciava a essere stucchevole nella sua incapacità di andare oltre sestessa.

Alcuni studenti hanno sentito l’esigenza di compiere questo passo elo hanno tentato in vari modi. Altri hanno dimostrato di non riuscire avedere al di là del ristretto orizzonte in cui sono socialmentecostretti e accettati.

Ai primi diciamo che è bene insistere sulla scia delle intensitàvissute, consolidare rapporti e inventarsi le modalità organizzativenecessarie per essere all’altezza della situazione attuale.

Ai secondi, inviamo i migliori auguri per il proseguimento degli studi ai quali ritorneranno alla fine della ricreazione.

A tutti gli altri diciamo che in certi passaggi non è possibile stare nel mezzo o ricercare sfumature.

Sulla soglia o ci si ferma, o la si varca.

Alcuni studenti e lavoratori dell’Assemblea dell’Aula Magna.